Via del sale

da Limone Piemonte al mar Ligure

 

Sono belle le vie quando stanno poggiate sui fianchi dei monti, dove i monti lo consentono. Ferme ad aspettare, pronte ai passi, alle ruote. Resistono al sole, peggio alle piogge che le guastano, scavano canali pietrosi. Le vie d'inverno, non ci passa nessuno, sono zitte sotto le nevicate, scompaiono, si lasciano indovinare, forse dormono.

 

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Ponti di pietra

Valle d'Aosta, Liguria

 

I ponti di pietra, i ponti vecchi. Sgretolati dall'umido, muti sotto i muschi, le edere. Geografie di valli profonde da scavalcare, ponti persi nei boschi della Valle d'Aosta, del Piemonte, della Liguria. Trovarli, fotografarli, chiedere storie, chiedere di quelli.

Così, un'eremia di ponti, assistere all'idea degli uomini di creare un passaggio sull'acqua, sull'aria. Il ponte è terra inventata, appoggio per i piedi. Valichi di pietre. Di nuovo le pietre, questa volta sostengono i passi sul vuoto.

Su un ponte i passi stanno alti sull'aria, lontani

dal fondo di una valle, dalle capriole d'acqua di un

fiume freddo e montano.

 

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Ninne nanne d'Antiappennino

Gargano

 

In geografia la terra che entra nel mare è un promontorio. Tanto mare intorno, ma il Gargano è asciutto, sulle quote è il contrario dell'acqua, niente ruscelli, nè fontane. La campagna è a seccare nella fornace estiva. La costa pare una linea di differenza tra il blu del mare e il chiaro dei pendii di pietre.

 

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Transumantitudine. Regio Tratturo Pescasseroli - Candela

Abruzzo, Molise, Irpinia, Puglia

 

Ogni settembre i pastori scendevano dagli stazzi sulle quote dei monti d'Abruzzo e spostavano le greggi in Tavoliere delle Puglie. Per secoli la transumanza è avvenuta su una rete di itinerari caratterizzata da tratturi, tratturelli e bracci. Il tratturo regio da Pescasseroli a Candela era la via più interna, una via appenninica che attraversava l'entroterra molisano, l'Irpinia e portava a sud. 

 

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Vie d'acqua

Casentino

 

Luoghi d'acqua, mulattiere in salita, valli ombrose. Montagne disabitate, alberi stretti, tessuti insieme. Andare si può. 

Prima di partire ero curioso dell'Appennino che avrei trovato, quali novità avrebbe concesso un'altra area di quella fila di montagne che lega l'Emilia alla Calabria. Avevo in mente di svolgere un itinerario di acqua, avrei seguito una geografia di cascate e ruscelli anonimi che fanno rumore nella macchia dei faggi e dei castagni.

Laghi, mulini, l'acqua che non manca. Vie d'acqua come vene, sorgenti che nascono in quota e dopo pochi sassi sono già a precipitare. Bere per terra, risalire un torrente sconosciuto. Non si può dire perchè.

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Alberi

Dolomiti

 

Ci sono alberi che resistono ai secoli, al peso delle nevicate, allo schianto dei fulmini. Larici, pini neri, sequoie. Occupano zone alla fine dei prati, su spigoli di montagne, sul bordo di fiumi o di laghi splendenti. Le radici assimilano dalla terra, i tronchi sostengono un'abbondanza di foglie che puntano al sole, alle nuvole, a una via di vento. Da credere che ogni albero si nutra solo dello spazio che riesce ad occupare e che sia l'esistenza stessa a giustificarne la struttura, la forma.

Dopo anni di vegetazione possono seccare, vinti da una stanchezza intima e definitiva. E diventano cibo per tarli, casa di file di formiche.

Altre volte il terreno cede, i tronchi si piegano, eppure le radici continuano a prendere nutrimento. Allora vivono così, storti e malmessi. La loro forza è la loro fortuna.

Da Santa Gertrude, Südtirol. Verso est, un viaggio tra gli alberi.

 

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Paesi abbandonati

Abruzzo 

 

Si può credere un luogo definitivo. Una piazza. Un paese. Un uomo può restare e insieme ad altri costruire, fermarsi per anni, immaginare una discendenza dopo di lui, addirittura difendere senza stanchezza uno spazio che sente proprio e che chiama casa. Un uomo può fare questo. O può andarsene per sempre, seguendo quel vecchio istinto nomade che lo destina agli itinerari. Che tanto mille ragioni giustificano una partenza. Così in molti sono partiti per non tornare più, portandosi forse dentro il rammarico di non aver resistito. Molte volte partire è uno sbaglio necessario.

Più spesso ancora sono state fughe obbligate, a seguito di alluvioni, frane, terremoti, eventi che hanno scomposto ogni certezza e annullato ogni idea illusoria di una stabilità definitiva delle strutture. 

Nei paesi abbandonati ricorre un disordine genuino. Dentro le abitazioni cadenti si trovano giornali sparsi, scaffali rovesciati, tavole con un  fiasco al centro, per sempre apparecchiate da una sera di quanti anni fa. Non c'è razionalità nell'abbandono, né pianificazione. Molti borghi  sono persino scomparsi dalle mappe e restano esclusi dall'attuale geografia. Eppure esistono, perduti in un entroterra dimenticato, pieno di muri caduti, di antiche fontane asciutte e invase da matasse di rovi. Sono luoghi abbandonati, è vero, ma soprattutto sono luoghi attraversati. Di fatto lì è avvenuto un passaggio di uomini che si sono trattenuti giorni o generazioni e di nuovo sono partiti. Anche viaggiare in bicicletta vuol dire attraversare, montagne o pianure di cui non si vede la fine. Vuol dire arrivare, fermarsi, restare per un poco e di nuovo partire.

La mountain bike è un mezzo ideale per avvicinarsi ad eremi placidi e sperduti, raggiunti da scomode vie di accesso, ripidi sentieri o sterrate. Così si può arrivare ovunque, fin dove non va più nessuno e ogni focolare resta spento e vuoto, e il gioco della natura è quello di riassorbire il passato. Con lentezza alberi e fiori riprendono le cose, recuperano la presenza dell'uomo. 

Rami di fico e cespugli di rosa canina avanzano fino ai balconi inutili. 

Il biancospino si affaccia in una finestra sfondata. 

L'edera percorre una fila di pietre. 

La rondine plana e svirgola sotto un cornicione. 

La gazza si fa sentire dalla trave rimasta di un tetto caduto. 

Oltre i campi di grano il canto del cuculo è lontano come un pensiero antico.

Nell'erba alta dei vicoli si forma la via delle volpi e dei cinghiali.

Quando viene, la notte somiglia al giorno per quel silenzio che non finisce e quel profumo di camomilla fiorita. Nel buio più vero si vede un'ultima fascia di tegole, la luna sta poggiata giusto lì sopra come una bolla di cera. A volte la terra si trova di poco più in basso del cielo e nemmeno un vecchio muro sta davvero solo perchè è pur sempre in compagnia delle stelle. 

Quel che resta non è soltanto il ricordo di un luogo, anzi, è un luogo effettivo e sempre possibile. Un luogo al centro del tempo, in bilico su un presente in movimento e talmente naturale da superare il passato umano. È la consistenza speciale di certi entroterra, punti di lontananza perfetti che non aspettano più ritorni.

 

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